Zauber: Il sogno (1978)

Zauber
1978. La stagione del progressivo italiano è finita due anni e anche quel movimento controculturale che le aveva fatto da humus è ormai talmente superato da essersi ricilato già almeno tre volte: nel proletariato giovanile, nel movimento 77 e nel punk

I cantautori hanno ormai il pieno controllo della situazione: Branduardi per esempio ha già inanellato almeno due album di enorme successo, mentre Francesco Guccini, il “politico” per antonomasia, canta ora la nostalgia sessantottina e sogna terre lontane

I famigerati anni Settanta - quelli che si sono spenti anzitempo nel 76 – vengono insomma rimossi, trascinando nel dimenticatoio un’intera generazione di disobbedienti e un gigantesco bagaglio di sogni libertari rimasti per la maggior parte incompiuti. Prova ne è che tutti i gruppi del primo post-progressivo, dalla Locanda Delle Fate agli Antares, dagli Skorpyo ai Cocai, sembrano migrare verso altre forme espressive: certamente debitrici alla cultura precedente ma molto meno innovative

Ed è in questo contesto sospeso tra gli ultimi fuochi delle Brigate Rosse, l’assassinio di Peppino Impastato e una repressione poliziesca senza precedenti, che a Torino nascono e pubblicano il loro primo album gli Zauber: Mauro Cavagliato (basso, chitarra), Anna Galliano (tastiere, flauto), Liliana Bodini (voce), Paolo Clari (tastiere, chitarra), e Claudio Bianco (batteria). 

Registrato presso i Dynamo Studio di Torino e stampato in sole 500 copie per l’etichetta Mu, il disco si chiamerà “Sogno”: non sappiamo se riferito alle chimere pregresse o proteso verso nuove immaginazioni e comunque, nelle sue sue sette tracce, difficilmente troveremo una risposta. 

C’è sicuramente un distacco dal progressivo doc, tanto nell’assenza di una linea d’opposizione quanto nel recupero del primo underground: atmosfere acustiche, brani brevi, testi molto candidi considerata la data di pubblicazione (“questa realtà non è fatta per chi come te vede nel mondo qualcosa di più di una vita borghese”) e un sostanziale ricalco alle nuove atmosfere neo rinascimentali. Branduardi dicevamo. 

C’è però anche la volontà di persistere in un territorio alternativo: quello autoprodotto, disallineato e fiero della propria marginalità. 

 Il problema è che nessun brano dell’album varcherà mai i confini della sua stessa esistenza. E anche se gli Zauber sopravviveranno ancora molti anni, “Il sogno” sembra più un brillante nel deserto che non un’opera storicamente propositiva. Diciamo pure un piccolo frammento partorito amicalmente in una cantina da pochi ma onesti musicisti. 

Certi suoi passaggi, è indubbio, sono pregevoli ("Dietro la collina") ed effettivamente ricordano i fasti del prog. L’accademia però impera sovrana cancellando anche quel minimo di consapevolezza che affiora dai testi. 
Molto “vetero feminista” la voce della Bodini che rimanda un po’ a quella di Lilli Ladeluca dell’AMT, ma senza possederne la stessa forza reazionaria: per esempio quella di “Marilyn” firmata Alloisio.

progressive rock
Come sempre qualcuno dirà che ho buttato tutto in politica, ma non credo si possa fare a meno di rimarcare quanto questo lavoro fosse distante dalla realtà che lo circondava. Persino gli Errata Corrige (sempre di Torino) furono più attendibili nello staccarsi da una realtà, quella del 1976, in cui non si riusciva bene a comprendere cosa stesse succedendo all’interno del movimento. 

Nel 78, dopo ere geologiche dal Parco Lambro e dopo che tutto era stato chiarito, perseverare ancora con tematiche undergound era quantomeno sinonimo di un certo candore
Come tanti dischi dell'epoca insomma, anche questo confermò la fine di un'era.

4 commenti :

ugo ha detto...

e anche questa scheda è andata grazie JOHN.cosa dire?un disco carino ma una volta finito ti riproponi di sentirlo dopo molto tempo.questo invece non accade per i dischi dei primi 70's che vorresti ascoltare in continuazione!ciao john ugo

Mira 72 ha detto...

Non ho mai capito cosa certa gente ci trovi in questo disco... ho letto recensioni entusiastiche ma a me sembra una musica molto fuori dal tempo... un po' da oratorio... o da circolo della CGIL.
Voglio dire.. bravi, ma chissenefrega...

taz ha detto...

Ciao JJ.....che dire?...bella scheda e analisi ineccepibile...io preferisco la prima parte(più classica)...ma il tutto senza infamia e senza lode....due ragazze nel gruppo che "suonano" è la vera chicca, per il resto bravi strumentisti che, credo, continuano a suonare........quello che dici sulla "politica e la musica" io, personalmente, lo condivido al 100%....binomio indissolubile per ottenere buona musica Prog......

Anonimo ha detto...

Disco carino ma non particolarmente significativo

Michele D'Alvano