Vince Tempera: Art (1973)

vince tempera art (1973)
Nel 1973 il ventisettenne arrangiatore / pianista milanese Vincenzo Tempera aveva già un curriculum più che invidiabile.

Autore per colonne sonore cinematografiche, direttore d’orchestra, ex-tastierista di almeno due bands  dove si era fatto notare sia per tecnica che per teatralità (La Nuova Era e i Pleasure Machine) e collaboratore con artisti del calibro de I Giganti, Nomadi, Radius, Francesco Guccini e persino di Lucio Battisti col quale però le cose non andarono mai per il verso giusto,  pur essendo stato reclutato dal Lucio in persona  per il suo  brano “Luci Ah” che sarebbe poi stato incluso nell’album “Il mio canto libero” del 1972. 

Tempera naturalmente non si fece pregare, ma il suo pianismo apparentemente troppo tortuoso venne seccamente disapprovato da Battisti che quando voleva essere antipatico, lo diventava davvero. 
Così, il povero Vincenzo che aveva impiegato oltre un giorno e mezzo a rifinire la partitura di "Luci" se la prese malissimo, mandò tutto a monte e non si presentò più alle prove. 
Il brano uscì comunque con l’intervento di Tempera, ma i rapporti con Battisti si erano definitivamente incrinati e il pianista non venne neppure citato nei credits. 

vince tempera art number one sanremo
Onestamente, non sappiamo se tra Tempera e Battisti vi fossero già stati degli screzzi, ma curiosamente fu proprio un brano di Tempera,Il mio cane si chiama Zenone”, incluso nell’album “Radius(1972) di poco antecedente a “Il mio canto libero”, a provocare un’altra sonora litigata: questa volta tra Battisti e il batterista Ellade Bandini
In quell’occasione venne chiesto a Ellade di suonare “Zenone” con le spazzole: “un po’ come fa il batterista dei Creedence Clearwater Revival...”, precisò Battisti

Da buon batterista, Bandini rispose dicendo che “Douglas Clifford non usava quasi mai le spazzole e tantomeno per quel tipo di sound”, ma non ci fu niente da fare: Battisti si impuntò sulle spazzole e dopo una feroce sfuriata licenziò Bandini che, tra l’altro, avrebbe dovuto suonare nella sua fortunatissima hit successiva “Il mio canto libero”. 

Non possiamo dire o meno se fu per queste divergenze o per una precisa volontà artistica che il primo album solista di Tempera venne concepito e realizzato in piena solitudine. Sta di fatto che uscì per solo pianoforte e non certamente per la casa discografica di Battisti, anzi: pubblicato nel 1973 da quella Emi-Harvest che aveva nella sua scuderia anche Alan Sorrenti, i Saint Just e il Gruppo D’Alternativa, l’album d’esordio di Tempera proseguì  il rapporto con la multinazionale londinese già cominciato un anno prima con il 45 giri "Ansia/Pop Ups" del 1972.

 “Art”, questo è il nome del trentatrè giri, venne registrato al “Number One” di Sanremo per metà dal vivo e per metà in studio e annoverava sette composizioni per pianoforte solista di cui quattro vennero composte dal solo Tempera, il famigerato “Zenone” fu invece scritto in coppia con Alberto Radius e il resto venne affidato a due cover: una sfavillante “Here comes the sun” di George Harrison e la popolare “Space Captain” di Matthew Moore già portata alla popolarità qualche anno prima dai Mad Dogs & Englishmen di Joe Cocker

vince tempera pleasure machineParlare di album progressive forse potrebbe risultare eccessivo per un disco di solo pianoforte, ma di sicuro gli ingredienti c'erano tutti: jazz, rock, blues, citazioni classiche, una grande versatilità metrica unita a un vigoroso dinamismo, tecnica sopraffina e soprattutto, un gusto per la destrutturazione che nel specie brano di Harrison raggiunge picchi davvero encomiabili. 

Da fare invidia persino a Leon Russell anche la caleidoscopica rivisitazione di "Space Captain" che per tiro e simpatia si avvicina molto all’indiavolato boogie iniziale di “Zenone”. 

Persino un brano dal titolo semplicissimo come “Blues in A minor(Blues in La minore) che  visti i tempi lascerebbe presagire a un T-bar o cose del genere, si dipana invece tra fantasie armoniche e aggraziate contaminazioni che potrebbero benissimo appartenere a Herbie Hancock o al miglior Keith Jarrett

Proprio per questo, in quell'Italia del 1973 in cui nasceva Umbria Jazz e l’avantgarde era vista con molto sospetto, l’operazione di Tempera fu non solo artisticamente provocatoria, ma decisamente avanti coi tempi
Da “Art” in poi, credo che chiunque avrebbe voluto Tempera nella sua band: per esempio Guccini non si lasciò sfuggire ne lui ne Ellade Bandini.
Con buona pace di Battisti.

7 commenti :

Anonimo ha detto...

Mi discpiace ma quando c'è di mezzo Battisti devo intervenire.
La storia di Bandini e del litigio con Battisti per Il mio cane si chiama Zenone è nota: a me la raccontò proprio Ellade una volta alla Fiera di Pesaro (o era già Rimini? Non ricordo). Eravamo io, lui, Capiozzo e Tullio Granatello dei Jumbo con cui collaboravo all'epoca per le batterie Tamburo che produceva lui. Non è esatta, invece, la storia de I giardini di marzo.
Il disco di Radius è stato registrato nella prima settimana di luglio del 1972. I giardini di marzo a gennaio dello stesso anno (però nello stesso studio). Quindi il disco cui si riferisce per la mancata convocazione di Battisti è Il mio canto libero (registrato nel settembre del 1972, sempre al Fonorama però nello studio B, quello medio).
Curiosamente nello stesso disco Battisti avrebbe voluto anche Capiozzo (e lo aveva infatti bloccato con grande gioia di Giulio che, parole sue a me, considerava Battisti un genio). Per motivi nettamente diversi da Bandini, Capiozzo non fu alla fine convocato.
Infatti Il mio canto libero è il disco del primo Battisti col maggior numero di formazioni (persino Umberto Tozzi, Tullio De Piscopo ed Euro Cristiani in registrazioni non utilizzate), sintomo di una certa incertezza, almeno iniziale, di Battisti.

Ciao
Michele Neri

Anonimo ha detto...

Dimenticavo: Zenone era il cane di Battisti e siccome Radius e Tempera non avevano un titolo per il pezzo che stavano registrando, Battisti propose il titolo poi diventato definitivo. Tempera chiese subito a Battisti se dovevano depositare il brano in tre (Radius, Tempera, Battisti) visto che Mogol firmava anche se aveva cambiato una virgola in un testo altrui. Battisti ovviamente rifiutò.

Bandini invece suona con Battisti anche in L'aquila di Bruno Lauzi (Bandini batteria, Battisti percussioni) e in Vendo casa (Bandini batteria, Battisti e Vandelli tutti gli strumenti e i cori)
Michele Neri

J.J. JOHN ha detto...

Ciao Michele, ho corretto.

Per chi non lo sapesse Michele Neri non è solo l'autore della "Discografia mondiale di Battisti" che ho il privilegio di possedere e che è l'opera più completa sulle produzioni planetarie del maestro reatino, ma anche un mio caro amico, noncè infaticabile scrittore.

Grazie quindi per il tuo intervento che completa, come sempre, le informazioni faticosamente raccolte per ricostruire quel periodo.
Abbraccio
John

Unknown ha detto...

A completamento di quanto detto da Michele, c'è da dire che Tempera si irrigidì proprio quando sentì che il titolo proveniva da Lucio, perché quest'ultimo significava "Mogol-Battisti" e Giulio esigeva il cinquanta per cento del deposito SIAE. Il diniego di Lucio - come già detto da Michele - fu netto.

Ciao!

PS: Ansia era anche la sigla di Tutto è pop, programma del periodo in onda sul Secondo canale, scritto da Giancarlo Guardabassi e presentato da Vittorio Salvetti, a cui partecipò il Battiato di Pollution.

Giampaolo ha detto...

L'album non lo conosco...Tempera lo conosco per l'album dei Giganti, del Volo e poi per le sigle dei cartoni animati! :)
Ciao!

Ps ci ha lasciato Enzo Jannacci....:(

Anonimo ha detto...

Lavoro discreto

Michele D'Alvano

MarioCX ha detto...

Una curiosità: provate ad ascoltare la sigla della vecchia sitcom degli anni settanta "George & Mildred" attribuita a tali Gin&Tonic come interpreti ma firmata da Vince Tempera mettendola a confronto con "Dreadlock Holiday" dei 10cc...